SalinaDocFest Conflitti e Periferie IX Edizione
Motivazioni e lettera saluto di Vittorio Taviani (Comitato d’Onore)
Cara Salina, cari amici, cari tutti voi che ora siete qui in questa piazza e sentite il rumore del mare, e voi che, da lontano e da vicino – Guala, Calà, Rametta, Lo Schiavo con gli altri – per mesi, questo incontro avete preparato,
e caro Nanni, Giomaria, Federico, Curzio, Roberto e Marina, Stelius, Agostino, Pelù, Fragola, Incudine, Raf
e ancora voi che avete voluto ritrovarvi con le vostre arti qui, in questo lembo di terra, come ha scritto Giovanna, perché questo incontro si rinnovi ogni anno, in nome del cinema e di noi uomini mediterranei, e anche a te, Giovanna, dico grazie.
Lo so, dovrei parlarvi in tono più ufficiale, a nome di tutto il comitato cosiddetto d’onore. Ma il comitato me lo ha concesso: queste poche parole che voglio dirvi hanno un carattere più personale. So che mi comprenderete : Carla ed io non potremo più rivedere la vostra, la nostra Salina, le sue “amate sponde”, come rima Foscolo evocando la sua natia isola greca. Ricordate?.. “Né più mai rivedrò le sacre sponde..”.
No, per noi due niente elegie e, con saggezza, niente imprecazioni: i miei ottantasei anni, che dopodomani, 20 settembre, entreranno negli ottantasette, mettono in campo i loro impedimenti, più o meno prevedibili, ma comunque assolutamente naturali: altrimenti l’arco della nostra vita non prevederebbe per assurdo né salita né discesa.
Ma un ponte tra me e voi ci unisce, comunque, io ne sono convinto. In particolare in questi giorni: l’emozione in ciascuno di noi per il rinascere della speranza, della certezza anzi, che gli uomini sanno riconoscersi l’un l’altro e che in nome del sangue che arrossa il nostro mare, si esce dalle proprie case, in Ungheria in Germania in Croazia, e si abbraccia, si porta aiuto al diverso che viene dalla sciagura e che riconosci come fratello.
Che poi nella nostra grande piccola Europa i potenti alzino i muri, si digrignino i denti, si gettino in cella gli innocenti figli della disperazione e che dalla disperazione si vogliono liberare, sì, anche questo vediamo, ci incupisce, ed è proprio per questo che anche ciò che voi state facendo in questa piccola isola anima quel rifiuto della resa che dà senso alla nostra vita.
Anche per tutto questo, caro Ascanio Celestini, abbiamo pensato che il premio dovesse andare a te. Per questo, e per la complessità della tua opera, per la creatività impaziente, ora ansiosa ora spensierata, con cui ti affidi ai più diversi linguaggi.
Credo di aver saputo esprimere il pensiero del Comitato. Personalmente, e scusami se ancora una volta cado sul personale, il linguaggio che di te mi affascina in modo particolare è il linguaggio del tuo corpo, qualcosa di fisico e di misterico che ogni volta mi stupisce su un piano quasi metafisico ma nello stesso tempo mi diverte come quando da bambino mi portavano al circo e – gran momento! – arrivavano i pagliacci.
Vittorio Taviani