L'isola di Salina
Salina, con i suoi 27 chilometri quadrati di superficie, è la seconda per estensione e popolazione delle sette isole (le altre sono Lipari, Vulcano, Stromboli, Filicudi, Alicudi e Panarea) dell’arcipelago vulcanico delle Eolie.
È anche l’unica a essere indipendente da Lipari dal punto di vista amministrativo. I suoi circa 2300 abitanti vivono in tre comuni autonomi: Santa Marina Salina – il porto principale, uno dei più sicuri della provincia di Messina – che, con la frazione di Lingua, conta 887 abitanti; Malfa, 976 abitanti e, in collina, a 202 metri sul livello del mare, Leni (691 abitanti) che nella frazione a mare di Rinella ha l’altro approdo dell’isola.
Il nome le fu dato dai romani (che strapparono Lipari a Cartagine nel 251 a.C.) per via della salina naturale, il laghetto ancora visibile a Lingua, dalla quale attingevano la preziosa materia per insaporire e conservare i cibi. Prima ancora i greci l’avevano chiamata Didyme per via delle due montagne gemelle di forma conica, Monte Fossa delle Felci (962 m.) e Monte dei Porri (860 m.), che rendono inconfondibile il suo skyline e le conferiscono il titolo di isola “più alta” dell’arcipelago. Le due gemelle, dal 1984, costituiscono la Riserva regionale orientata delle Montagne delle Felci e dei Porri.
Salina, per la sua rigogliosa vegetazione, le vigne e gli orti, è da sempre conosciuta anche come l’Isola Verde delle Eolie e l’attività agricola affianca quella marinara fin dall’antichità. Il prelibato cappero, l’”oro verde di Salina”, Presidio Slow Food – e anche simbolo del SalinaDocFest – viaggiava assieme al sale per arricchire i banchetti della Roma repubblicana e imperiale.
La Malvasia, giunta nell’isola dal Peloponneso nella seconda metà del XVII secolo – andava a ristorare nell’Ottocento le truppe inglesi che si erano insediate a Messina per contrastare l’espansione napoleonica e questo commercio, sempre più fiorente, determinò la nascita di un’importante flotta di velieri. Fino al 1880 – quando una devastante epidemia di filossera distrusse i vigneti riducendo la popolazione alla fame e determinando una massiccia emigrazione verso l’Australia e l’America latina – l’isola esportava ogni anno più di 20 mila ettolitri di vino e circa 3.700 di Malvasia.
La produzione della Malvasia fu ripresa, negli anni Settanta, da un innamorato bresciano dell’isola, Carlo Hauner, che cominciò a ripiantare i vitigni. Non solo riavviandone la produzione, ma facendo conoscere nel mondo la Malvasia di Salina e delle Eolie. Nel 1973 la Malvasia delle Lipari ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione d’Origine Controllata. Oggi sono undici a Salina le aziende vitivinicole che producono, oltre alla Malvasia, vini pregiati e grappe di alta qualità. Dal 2010 ogni anno, all’inizio dell’estate, su iniziativa di un gruppo di imprenditori guidati dalla famiglia Tasca d’Almerita, si svolge a Salina il Malvasia day, diventato un appuntamento obbligato per quanti amano questo vino antichissimo, “il più eccezionale che abbia mai assaggiato nella mia vita”, come lo definì Alexander Dumas padre nel diario del viaggio che compì nel 1835 nell’arcipelago.
Da Dumas padre a Guy de Maupassant, che fece delle Eolie una tappa del suo Grand Tour nel 1885, sono stati moltissimi i viaggiatori illustri che hanno visitato Salina e ne hanno descritto le bellezze. Che, grazie al cinema, sono state viste in tutto il mondo. Come la spiaggia di Pollara, set de Il Postino di Massimo Troisi, il laghetto di Lingua dove Nanni Moretti giocò a calcio in Caro Diario, Capo Gramignazzo, tra Capo Faro e Malfa, in Libero Burro di Sergio Castellitto. Ma prima ancora, le immagini dei fondali nei cortometraggi in 35 mm – come Cacciatori sottomarini e Tonnara, pluripremiati alla Mostra del Cinema di Venezia – realizzati nella prima decade del dopoguerra dal nobile siciliano Francesco Alliata di Villafranca, fondatore nel 1945 (assieme a un gruppo di amici tra i quali Fosco Maraini) della leggendaria Panaria Film. Che aveva sede a Rinella, nella villa che oggi è l’Hotel Ariana.
Naturale destino di un luogo di tale bellezza, l’affermarsi accanto all’economia agricola e marinara, del turismo. Il turismo discreto, curioso e rispettoso di chi ama scoprire la natura e ripercorrere nell’attraversarla una storia plurimillenaria. I primi insediamenti umani individuati a Salina risalgono all’età del bronzo.