A vent’anni da uno dei giorni drammaticamente più simbolici dei conflitti nei Balcani, la distruzione del Ponte Vecchio della città, e a quasi dieci anni dalla ricostruzione da parte della comunità internazionale di quello stesso ponte, sette personaggi diversi tra loro, conducono la loro vita nella Mostar di oggi senza mai incontrarsi. Ciò che hanno in comune, però, sono le schegge del passato che riemergono prepotentemente e con le quali devono fare i conti.
Ogni guerra lascia le sue tracce. Tracce profonde e indelebili sui territori, sulle pareti dei palazzi delle città, sui visi della gente che la guerra l’ha vissuta, l‘ha subita. A Mostar tutto parla ancora del conflitto violento e fratricida che l’ha segnata per sempre. Sono passati venti anni dalla sua fine, e mentre ci accingiamo a meditare sulle stupide ragioni che lo hanno scatenato allora, oggi l’Europa si trova pericolosamente sull‘orlo di una nuova guerra, anche essa fratricida, fratelli contro fratelli.
Doveroso allora recarsi in Bosnia dopo vent‘anni e capire quello che resta di un‘esperienza così forte. Scoprire le ragioni di ieri, per capire quelle di oggi. E per far questo non serve molto a Mostar. Basta passeggiare per la città e tutto trasuda quella esperienza, tutti gli abitanti hanno qualcosa da dire, da ricordare e da dimenticare: mentre le nuove generazioni premono per voltare pagina, le ferite e i traumi della vecchia sono troppo profonde per essere risolte in questa vita.
Antonio Martino
Antonio Martino, cineasta indipendente, è laureato al DAMS di Bologna. Dal 2005 gira documentari d’investigazione su tematiche ambientali, politiche e sociali, tra i quali: Noi siamo l’aria, non la terra (2004) sulle condizioni di vita a Chernobyl; Pancevo_mrtav grad che investiga le conseguenze dei bombardamenti Nato sul più grande petrolchimici nell’ex Yugoslavia; Be water, my friend, sulle condizioni degli ex-pescatori nel Lago d’Aral; Nìguri sul più grande campo profughi per richiedenti asilo politico a Sant’Anna, Isola Capo Rizzuto; Isqat al Nizam. Ai confini del regime sulle scintille che hanno portato alla rivoluzione siriana nel marzo 2011. Da un anno e mezzo sta realizzando un documentario a Bologna, città dove vive: Veronica is on her way, sulla vita di una ragazza transessuale e la lotta per conquistare i suoi diritti. Attualmente si trova in Libia, dove sta sviluppando un documentario sui giovani libici a tre anni dalla caduta di Gheddafi.